martedì 30 novembre 2010

delirio organizzativo

"organizziamo una pizza per la fine del corso per diventare creativi?"
"sì sì che bello dai dai"
"quando la facciamo?"
"..."
"lunedì dopo l'ultima lezione?"
"no... io assolutamente non posso lunedì"
"neanch'io"
"neanch'io"
"io no"
"io no"
"allora martedì?"
"no"
"no"
"no"
"allora mercoledì?"
"io sì"
"io no"
"io sì"
"io no"
"allora giovedì?"
"sì"
"sì"
"sì"
"ma... per me sarebbe meglio... ma no, va bene giovedì"
"allora deciso?"
"deciso"
"mi raccomando, manda un'email con la comunicazione. ma sii decisa, non offrire alternative"
"ok"

email:
- cari collegucci del corso, andiamo a mangiare la pizza giovedì
- sì
-
- no
-
-
- ma non si può lunedì?
- ma lunedì è meglio
- ma io
- ma io
- ma forse
- ma perché giovedì?
- ma facciamo lunedì?
- sì!!!!!!!
- sì!!!!!!!
- sì!!!!!!!
- sì!!!!!!!
- sì!!!!!!!
- ma perché non avevamo detto lunedì da subito?

e alla fine, dopo consultazioni frenetiche e ottocento email, lunedì pizza fu.

domenica 28 novembre 2010

hp

io amo erripotter, i libri e i film.

in attesa di vedere il nuovo film mi sono fatta un ripassino.

ad eterna memoria voglio mettere qui questa locandina davanti alla quale mi commuovo:





















devo ammettere poi che anche l'attore non è malaccio (per quanto un po' bassino) e quindi beccatevi questa:


venerdì 26 novembre 2010

ehi tu,

ragazzo carino con i capelli molto corti e la barba un po' lunga che ieri sera eri sul tram 19 sotto il diluvio universale e che mi hai guardato insistentemente e sfrontatamente quando sono salita,

non ti credere che non ti ho visto, sai?
e non ti credere che non mi sono accorta che hai cambiato posto quando io mi sono seduta, così eri sempre più o meno di fronte a me.

ti ho visto eccome.
ma tu questo lo sai, perché hai visto benissimo che anche io guardavo te.

peccato che facevamo a gara a chi distoglieva prima lo sguardo quando ci coglievamo in flagrante a vicenda.
e soprattutto peccato che non sei sceso anche tu alla mia fermata.
quasi quasi ci avevo sperato.

alla prossima

martedì 23 novembre 2010

generatore

ieri sera stavo guardando degheits, nuovo telefilm sui vampiri.
(ebbene sì, potevo scegliere di essere intellettuale e invece no, ho scelto di essere massificata e mi sono guardata il telefilm)

a metà della seconda puntata consecutiva la luce nel mio appartamento si è abbassata e poi ripresa.
ho pensato prima di avere una malattia gravissima agli occhi e poi di essermelo sognato.

due minuti dopo è saltata la luce.
un black out totale del mio palazzo e di tutto l'isolato ma non dell'illuminazione stradale né del palazzo di fronte.

mi sono affacciata sul pianerottolo per vedere cosa succedeva e c'era un gran rumorio di porte che si aprivano e chiacchiere tra vicini.
ho richiuso la porta per evitare che il gattopuzzola decidesse di scappare di casa (non volevo provare l'esperienza di rincorrere un gatto nero giù per le scale di un palazzo di quattro piani immerso nel buio, per di più con tutte le porte degli appartamenti spalancate sul buio).

ho acceso la torcia elettrica e ho passato il tempo giocando con lei che inseguiva il fascio di luce.
aspetta che aspetta, la luce non tornava.

il cellulare era scarico, la batteria del portatile pure, il cordless senza corrente elettrica non funziona.
sono andata a dormire.

mi sono svegliata alle sei con tutte le luci accese.
mi sono svegliata di nuovo alle otto e ho scoperto che c'è un enorme autoarticolato parcheggiato sotto le mie finestre con un generatore elettrico dentro e dei cavi neri enormi e lunghissimi che escono.

ho scoperto che nel mio cortile c'è una centralina elettrica che serve tutto l'isolato (e sembrerebbe anche un altro mezzo quartiere) e che ieri sera ha deciso di rompersi.

evviva la ditta di noleggi cinematografici che ha fornito il generatore.

sabato 20 novembre 2010

il cane nero

qualche tempo fa un ragazzo e un cane mi hanno ispirato la storia del compito finale del corso per essere creativi.
ecco qui di seguito la mia creatura. i vostri commenti (soprattutto se positivi) sono graditi.

Mentre leggevo il giornale e giocherellavo con il manico della tazza, ma non bevevo il cappuccino perché l’odore di caffè e inchiostro mi dava un po’ la nausea, nel frattempo pensavo che forse mi sarei dovuta preoccupare di questa cosa di non riuscire a mangiare perché l'odore del cibo mi fa stare male.
In quel preciso momento, mentre pensavo tutte queste cose, ho sollevato gli occhi come rispondendo a un richiamo e sapevo già da che parte guardare.

L’ho visto attraversare il parco venendo verso di me, con il cane nero incollato dietro. Avanzavano con lo stesso passo, con la stessa stanchezza. L’ho guardato sprofondare nella panchina verde giardinetto polveroso qui davanti, proprio sotto l’albero alla destra del chiosco, e guardarsi intorno, corrucciato, con la barba lunga e le scarpe grigie di terra e di polvere. E l’ho spiato mentre lottava per tenere gli occhi aperti, perché fossero ancora vigili, passandosi le mani sul viso come per togliersi di dosso chili di fatica. Ho osservato come indicava al cane il punto esatto in cui accucciarsi e come poi ha sciolto le gambe distendendole, abbassato le spalle, infilato le mani nella tasca della felpa, appoggiato la testa all’indietro e chiuso gli occhi. E ho notato il suo viso contrarsi in uno spasmo di dolore prima di distendersi.
E allora mi sono chiesta, come se le domande fossero state scritte sulla pagina del giornale che avevo appena posato davanti a me:

“Chi sei? Da dove vieni? Quanto tempo è che non dormi? Da quanto tempo cammini e non ti fermi? Potrei fare qualcosa per te? Potrei aiutarti?”.

Ora, se io fossi il personaggio di un libro o di un film, o semplicemente se non fossi me stessa, adesso mi alzerei da questo angolino confortevole e riscaldato dal sole, andrei a sedermi accanto a lui su quella panchina. Anzi, non solo andrei lì a sedermi accanto a lui, ma accarezzerei i suoi occhi stanchi e poi lo abbraccerei. Perché quello che ho sentito prima, quando mi ha costretto ad alzare la testa, era la sua richiesta di aiuto, il bisogno di qualcuno che gli facesse compagnia anche solo per un po'. E resterei con lui, così potrebbe dormire in pace.
Oppure, se fossimo in un altro film, semplicemente andrei lì e gli chiederei di raccontarmi:
“Cosa ti è successo? – gli direi – Da cosa scappi? Chi ti ha fatto cosa? E adesso dove vai?”.
E poi gli offrirei un caffè, un panino, una birra. E lui avrebbe una storia incredibile da raccontare: guerre, amori, odi, amici, spade, draghi e cavalieri. Oppure invece non direbbe nulla, ma comunque alla fine avrebbe gli occhi sorridenti e alzandosi mi farebbe un inchino di saluto e mi direbbe:
“È stato un piacere conoscerti”.
E chiamerebbe il cane nero con un fischio e se ne andrebbe con il cappuccio in testa, le spalle curve e il cane alle calcagna.
Ed in entrambi casi, avrebbe fatto di me una persona migliore.
Ma questo non è un film né un libro ed io ho troppe cose da perdere. Ho degli appuntamenti a cui andare, degli orari da rispettare, non posso fermarmi a parlare con uno sconosciuto. Anche se non riesco a smettere di guardarlo e non so cosa darei per mandare tutto al diavolo e restare qui con lui.
E quindi rimango qui, seduta a questo tavolino di un caffè all'aperto, con il sole che mi scalda le spalle in questa mattina di aprile a novembre, stanca fino nei miei capelli raccolti e nel mio filo di perle. E, mentre dovrei solo ingannare il tempo prima del prossimo appuntamento di lavoro, inspiro per respirare l’aria che uno sconosciuto sta respirando e mi brucio gli occhi a furia di fissare i contorni del suo viso.
“Non ci vorrebbe niente – mi dico – Sul serio, basterebbe così poco”.
Ma no, non posso farlo. Non posso muovermi da qui.
“Perché non so chi è né da dove viene” rispondo a me stessa.
E anche se non lo dico, anche se non lo penso nemmeno, ho paura di lui.
I minuti passano e io dovrei andare e invece rimango qui; controllo continuamente l'ora e guardo con odio il telefono che ogni tanto vibra nella borsa aperta sulla sedia accanto alla mia. Non leggo nessuno dei messaggi e delle e-mail che continuano ad arrivare come sempre e come se niente fosse.
Ma dopo dieci lunghissimi minuti alla fine mi arrendo, smetto di fantasticare e comincio a radunare le mie cose: è ora di andare.
Mentre cerco il portafogli nella borsa con una mano sola e l'unico rumore che sento è quello delle maglie rigide del bracciale che tintinnano, il mio sconosciuto improvvisamente si riscuote. Si tira su, mi guarda e mi sorride; fa un fischio al cane che si alza in piedi e si sveglia scuotendosi tutto dalla punta delle orecchie a quella della coda, e si allontana dandomi le spalle.

giovedì 18 novembre 2010

wonderland

cose belle viste nel corso di un weekend romano in compagnia di coinquilina c:



l'isola tiberina di notte


la cripta sotto santa maria in cosmedin


fontana di trevi - in alto



fontana di trevi - in basso

martedì 16 novembre 2010

le straordinarie avventure del gatto puzzola

questo episodio si potrebbe intitolare:
"il gatto puzzola e i veterinari"

quando è stata male ad agosto la nostra eroina è stata prima visitata dalla dottoressa biondaecarina, gentile ed efficiente ma un po' stanca e provata da una serie interminabile di ore di turno consecutive.

la dottoressa biondaecarina l'ha affidata al dottore menageatruà che, diagnosticata la malattia, ha deciso per il ricovero nell'ospedale dei gatti. il dottore è (evidentemente) un luminare e come tutti i luminari è un po' scostante e sfuggente quindi non di molto conforto per una povera mamma ansiosa quale sono io.

per fortuna, la capa del reparto degenza dell'ospedale era la dottoressa congliocchitristi che si è presa a cuore il caso umano (la sottoscritta) e quello felino (il gatto puzzola). noi eravamo tutte contente, puzzola è stata dimessa dall'ospedale, la vita ci sorrideva.

all'improvviso la dottoressa congliocchitristi è andata via perché ha cambiato città e le sorti mediche della protagonista sono state affidate di nuovo al dottor menageatruà che è sempre sfuggente ma in fondo è un buono e quindi pensavamo di aver trovato di nuovo una sorta di equilibrio.

una settimana fa il dottore ci dà appuntamento telefonico per oggi. dice "mi chiami, mi ricordi chi è lei e chi è il gatto (grazie dottore, grazie per avere così a cuore il nostro caso) e poi ci mettiamo d'accordo sull'orario in cui deve venire mercoledì per fare la visita di controllo".

oggi chiamo:
"vorrei parlare col dottore"
"oggi non c'è"
"strano, mi aveva dato appuntamento... domani lo trovo?"
"un attimo che chiedo .... (rumore di sottofondo) .... no. per ora non torna"
"cioè, devo chiamare la settimana prossima?"
"no. non torna più".

e quindi siamo state dirottate di nuovo sulla dottoressa biondaecarina che ci ha dato appuntamento per sabato.
sembrava un po' preoccupata.

forse ha capito che la maledizione del gatto puzzola fa scomparire tutti i dottori che toccano la sua gabietta.

mercoledì 10 novembre 2010

firenze

amica jen di jen e le holograms mi ha scritto un'email un mese fa dicendo:
"io sarò a firenze per lavoro il giorno tale. visto che l'italia è un paese minuscolo e che quindi roma e firenze sono praticamente la stessa cosa e lo stesso posto, ti va di venire e ci incontriamo e dormi nell'hotel superlusso con me tanto non pago io che bello che bello?"

e così domenica sono andata a firenze e lunedì sono tornata. ho passato ventiquattrore da turista americana a base di shopping e cibo (e niente arte né cultura per carità che a firenze ci sono già stata dieci anni fa, e mi basta - ha detto lei) e quindi:

ho preso il treno con il panino da emigrante ma l'alta velocità è una cosa seria ed erano tutti silenziosi e mi sono vergognata molto e comunque mi sono mangiata il panino, ma non le patatine in busta perché facevano troppo rumore.
sono arrivata a firenze sotto il diluvio e, visto che avevo un paio d'ore prima di trasformarmi in turista, mi sono vista un paio di chiese.
finalmente insieme ci siamo abbracciate e baciate e poi siamo partite in un turbine di shopping (tre borse e due sciarpe in meno di un'ora, al mercato e sotto il diluvio) e alcol (aperitivo costosissimo nel caffè fichissimo che non mi ricordo come si chiama davanti al duomo).
siamo andate poi a cena con le colleghe (le holograms) e abbiamo vagato per mezza città per poi arrivare in una trattoria buonissima e mangiare ribollita, timballo di piccione, prosciutto, patate fritte, mozzarella di bufala (a firenze? beh, è sempre italia no!?), tortellini, tiramisu ai cachi, torta di meringa e creme caramel, tutto rigorosamente diviso in parti uguali.
la mattina dopo, non paghe e sempre sotto il diluvio, la colazione luculliana dell'hotel (che si sarà pur stato un motivo se era un quattro stelle) con uova e pancetta, yogurt, muesli, tortine diriso, macedonia, cornetti, caffè, succo d'arancia, eccetera eccetera.
per digerire, abbiamo fatto shopping a ponte vecchio che loro chiamano the gold bridge, il ponte d'oro.
j (leggendo la targa) "mmm... ponte vecio (perché sono mezza italiana quindi leggo l'itliano), the gold bridge... quindi vecio significa d'oro?"
p "no, vecchio significa vecchio. è che i turisti (ammericani probabilmente) gli hanno cambiato nome. un po' come hanno fatto con piazza di spagna a roma che solo voi chiamate le scale spagnole"
j "ahahahaha che ridere"
(ma che c'è da ridere, boh)
per riprenderci dalla conversazione intellettuale, sotto la pioggia e con un freddo cane, niente di meglio di un gelato (che io ho ovviamente mangiato e poi mi sono morta di freddo per il resto della mattinata. ci sarà un motivo se in questo paese civile il gelato d'inverno non lo mangiamo, no?)
poi purtroppo era ora di ripartire.
altri baci e abbracci e di nuovo sul treno.
stavolta niente panino. stavolta però l'alta velocità era molto più plebea e tutti mangiavano e facevano casino. allora mi sono mangiata le patatine che avevo ancora in borsa.

sono tornata da due giorni e ancora devo digerire.

sabato 6 novembre 2010

thank you

volevo porgere i miei più sinceri ringraziamenti al ragazzo con il cane nero che questa mattina ha preso il tram con me. lui non lo sa ma io stavo facendo i compiti del corso per essere creativi e mi ha svoltato il lavoro finale.

tenchiu tenchiu veri matc. se non fosse per te non sarei qui ora.

venerdì 5 novembre 2010

superstar

eccomi appena tornata da una serata a teatro.
c'erano un gruppo di fricchettoni esaltati che cantavano e ballavano, un santone probabilmente preso in mezzo ad una cosa più grande di lui, un povero cristo che si chiama giuda, max gazzè in giacca di lustrini, mario venuti in tenuta sadomaso, un mangiatore di fuoco, una donna sui trampoli, la morte, falcone e borsellino, i dirotta su cuba.

eppure quando lei canta "io non so in che modo amarlo" o anche "va tutto bene". o quando lei e simone cantano "possiamo ricominciare da capo?" mi sono commossa.

ps: non avevo assunto sostanze illecite e non mi sono neanche addormentata sulla poltrona: ho visto il musical di jesuschristsuperstar. è stato stupendo. lo raccomando caldamente.

lunedì 1 novembre 2010

buoni presentimenti

oggi dovevo andare a lavorare anche se era festa e anche se pioveva. però l'avevo presa bene ed ero tutta contenta.
in fondo era il mio tour preferito, quindi perché no!?! mica era il vaticano in francese! avevo il presentimento che sarebbe andato tutto bene.

e invece mi sbagliavo. mai fidarsi di simili presentimenti.

innanzitutto, mentre andavo la pioggerella autunnale si è trasformata in una pioggia a catinelle. poi, mentre arrivavano i turisti, non potevo reggere soldi, carte e ombrello tutto insieme e quindi mi sono bagnata ben bene.
poi il gruppo si è rivelato subito surrealissimo. i più normali erano la madre e il figlio cino-svedesi.
poi il ragazzo che porta le radioline col microfono con cui i turisti sentono la mia voce si è presentato con mezz'ora di ritardo.
poi è venuto fuori che non aveva il microfono.
poi, quando io ho urlato al telefono col suo capo che cercava di rabbonirmi (rabbonire me!!!????), ha detto che me lo avrebbe portato alla prossima tappa e così ho perso un altro po' di tempo.

poi ha diluviato sempre e ovunque.
poi il pantheon era chiuso e alle quattro e mezza era già buio complici la pioggia e l'ora solare.

e alla fine non mi hanno neanche dato la mancia.

per fortuna adesso vado a cena al ristorante indiano. magari il buon presentimento si riferiva a questa parte della giornata!