domenica 31 ottobre 2010

franzosi

dopo anni e anni di astinenza (più o meno volontaria), ieri ho ricominciato a lavorare con i turisti francesi.

in linea generale, io fingo di ignorare la lingua e obbligo gli amici francofoni a parlare italiano, ma in realtà non me la cavo troppo male. ma comunque, lavorare è un'altra cosa. e poi i francesi si sa... (cosa si sa? decidete voi che qui ci sono francesi che leggono il blog).

in preda all'ansia ho passato il pomeriggio e la sera di venerdì a memorizzare parole di importanza fondamentale per condurre una visita guidata decente nei musei vaticani (e poi sabato ne avessi utilizzata una che fosse una) e così ho imparato che:

clava si dice massue
nipote si dice neveu ma livello si dice niveau (e la differenza nella pronuncia ovviamente mi sfugge completamente)
mosè si chiama moìse con l'accento sulla i
pietro si chiama pierre come la pietra (e così la frase tu sei pietro e su questa pietra... che in italiano fa un po' ridere, si traduce perfettamente. forse gesù parlava francese?)
troia (la città) si dice troie (e si legge trua come il numero tre). ma come si dirà troiano? al momento mi sfugge.

però non avevo idea di come si dicesse dea della fertilità né di come si dica seni o testicoli e così, davanti alla statua dell'artemide efesia, ho elegantemente glissato.
non sapevo neanche che gradino si dice marche (ed è una parola che utilizzo almeno ottocentosessantamila volte in ogni visita guidata anche se non saprei dire perché). per fortuna me l'hanno insegnato i turisti ed era abbastanza facile da memorizzare, così l'ho chiesto solo le prime cinquecentoventitre volte, poi me lo sono imparato.

devo ammettere che lo choc culturale c'è stato comunque. i francesi sanno (o fanno finta di sapere) un sacco di cose. e fanno domande intelligenti. e poi sono umanamente empatici! cioè cose incredibili del tipo si offrono di tenerti la borsa quando tu cerchi di toglierti la giacca mentre parli nel microfono, tieni alta l'antennina così possono seguirti e nel frattempo cammini fendendo la folla. c'ero talmente poco abituata che quasi quasi mi commuovevo.

alla fine sono sopravvissuta.
e l'unica rimostranza che mi è stata fatta è che sbagliavo a pronunciare il numero diciassette (e allora tutto il resto era giusto!?!?! evviva!).

martedì si replica.
che dio ce la mandi buona.

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